La preda della cosa comune

Il male che assilla la società italiana e che IMHO è anche alla base della scarsa coesione sociale in Italia e dell’avanzata in ordine sparso o al massimo per interessi comuni è la volontà di preda della cosa comune.
Il bene pubblico non è visto come bene di tutti, ma come bene alla mercé di tutti. Come tale non è da difendere e tutelare perché interesse di tutti a che sia mantenuto in buone condizioni e funzionante, pulito e ordinato, quanto da predare se possibile, da rendere mio in ogni modo e forma possibile di godimento e indifferentemente alle condizioni finali in cui viene lasciato. Così i graffitari scrivono su muri, treni, autobus, cartelloni, segnaletica, ogni superficie piana usata a loro uso e consumo indifferentemente alla piacevolezza di quello che scrivono (normalmente delle cagate pazzesche, eccezionalmente cose piacevoli a vedersi), si getta per terra l’immondizia, tanto poi passa il netturbino, si mugugna sulla qualunque, ma è sempre qualcun altro che deve intevenire e ripulire, meglio se stipendiato dallo Stato, che io pago le tasse.
Insomma, un disinteresse al mantenimento di quanto c’è in favore di una costante manutenzione straordinaria, perchè è giusto che la creatività non sia repressa, ma lasciata libera.
Invece, io credo proprio che tocca fare un esame di coscienza approfondito e capire se non sia il caso di invertire la tendenza. Nei paesi “civili” del nord europa, ogni cittadino è garante del buon funzionamento della cosa pubblica e se ne fa difensore. Tutti come un sol uomo avanzano contro chi viola la legge, imbratta, insozza, rovina o danneggia beni pubblici. Ecco, nel paese che vorrei, capita anche qui da noi la stessa cosa.
Da oggi mi comincio a predisporre come custode del bene pubblico. Coi rischi che ne seguono 🙂 ma conscio che è l’unica via per modificare lo stato delle cose.

Lo Strano viaggio del signor VF

Sabato pomeriggio, per la prima volta decido di provare l’ebbrezza di andare dal papi con mezzo rotaiato preso sotto casa, nominalmente il trenino della FM3 diretto a Vt Porta Romana.
L’ebbrezza del salire su un treno che porta a destinazione dopo aver camminato solo per cinquanta metri a piedi è impagabile. Mi accomodo subito e aspetto che usciamo da Roma per andare sul piano sopraelevato per vedere com’è la vista dall’alto e godermi un punto di vista mai provato prima sulla campagna laziale da sempre amata paesaggisticamente. Peccato che al livello superiore la visibilità dal finestrino sia pessima, causa graffitari impazziti (tornerò su punto in apposito post) e per sporcizia pregressa dell’esterno del treno. Del panorama esterno non c’è traccia, se non qualche sporadica ombra velata dalla luce diffusa sulla sporcizia esterna del treno. Pena.
L’intervento del Cristiano avventizio del Settimo Giorno dalle mie spalle mi distoglie dal mio mugugnare contro l’inciviltà di questa società e l’inefficienza del sistema di pulizie di trenitalia. Tra notizie sulla Chiesa Avventizia e dettagli sulle stazioni che seguono, il sole piano piano tramonta, lasciando fuori dai finestrini un buio pece che non consente di vedere a 10cm dal treno, causa riflesso delle luci interne sui vetri. Resta consolante la scritta della destinazione del treno, Diretto a Viterbo Porta Romana. Solo che le stazioni passano, il treno si svuota. Un dubbio comincia a salire. l’IPhone, scarsamente assistito dalla connessione internet della Tre non riesce a definire in ogni momento la posizione GPS esatta, lasciandomi da solo a capire dove diavolo sono.
Nulla, le stazioni passano e non di leggono i cartelli. Solo ad una, per sbaglio o culo, riesco a leggere Viterbo Porta Fiorentina. Ma confido che si arrivi a Porta Romana, dove mi aspettano per prelevarmi e portarmi ad Orte. Il treno dopo una sosta di dieci minuti riparte nella stessa direzione e si avvia nella campagna oscura del Nort Lazio. Buio, poi compare una scritta, S. Stefano… ma che… poi riparte, di nuovo buio, mi avvio verso l’inizio del treno, perchè ho visto che scende il capotreno ad ogni stazione. Dopo un poco, riesco ad arrivarci. Mi consola dicendo che tra un poco arriva ad Orte, post fermata ad Attigliano. Chiamo il papà, chiedendomi come diavolo ho fatto a prendere un treno diretto a Vt e finire ad Orte. Dopo due ore di viaggio ho completato l’anello e sono sbarcato dal treno. Il mio passaggio per casa arriva, anche se porello ha fatto 66km, quando ne poteva fare 6.
Finalmente mi rilasso.

Geopolitica al lavoro

Settimane intense quelle che si stanno vedendo sugli scenari internazionali in questi giorni, dalla primavera araba alla situazione economica europea, ai nuovi rapporti di forza in ambito G20 e così via.
Lo scenario a noi più vicino, quello del Mediterraneo, sta subendo il maggior numero di variazioni, per lo più legate a rivolte interne, che stanno destabilizzando i regimi affermati da tempo per far sorgere nuove “democrazie”, anche se a parer mio il rischio è che si vengano a creare proprio dinanzi alle nostre coste una costellazione di stati islamisti con un forte fattore di componente religiosa al potere e i soliti problemi di deriva fondamentalista con cui ogni stato islamico deve fare i conti. In tutto questo miasma di cambiamenti, le ambizioni dei partner europei si cominciano a mostrare per quel che sono, ovvero ingordigie di influenza in grado differente al passato e fondato su rapporti presunti o tali di politica estera diretta o indiretta.
Un caso a parte rappresenta la Libia, che con la sua vicinanza e la sua storia recente ha nei confronti dell’Italia un rapporto di primo piano, vuoi anche per rapporti personali del Presidente del Consiglio con l’ormai deposto e defunto Gheddafi, ma indubbiamente per il fatto che rappresenta la nostra più vicina e più contesa ex-colonia. Le relazioni economiche su gas e petrolio che avevano messo in campo le nostre aziende saranno rimesse in discussione dall’arrivo in territori incontaminati delle compagnie francesi, inglesi e tedesche, per non parlare di quelle americane, che deposto il rais possono tornare a considerare la Libia come possibile partner.
Non resta che guardare alla finestra cosa accade, consci che una nazione come la nostra, priva di materie prime, fondata tutta sulla trasformazione e in forte competizione con nazioni emergenti, come India e Cina, andare a perdere relazioni essenziali su carburanti strategicamente rilevanti potrebbe essere devastante.

Buon viaggio Steve…

Omaggio a Jobs della Apple il giorno della sua morte

Addio Steve, sei stato un visionario ed hai creduto fortemente nelle tue visioni e nel disegnare il futuro secondo canoni di perfezione che avevi individuato e che hai sempre piantato nei tuoi prodotti. Ci hai regalato tanti prodotti eccellenti, ideandoli e testandoli fino a quando non raggiungevano il livello di perfezione che ti aspettavi.
Grazie per averci spronati sulla via della perfezione e per averci ispirato che bellezza e praticità possono andare a braccetto e che le cose belle hanno un valore aggiunto, in quanto ispirano bellezza e spingono in maniera contagiosa a fare il bello.
Un saluto e che tu possa fare un viaggio tranquillo e goderti lo spettacolo dei tuoi semi che diventano piante. Che siano rigogliose e sempre verdi.
Grazie.

Un anno fa

Va via il pensiero di un anno fa. Non ricordo il giorno, non ricordo nulla di quei momenti concitati, rimane solo il racconto di una donna coraggiosa che ha saputo mantenere la testa mentre tutto crollava. Decisioni vitali prese in tempi brevi, poi mani sapienti e intervento dello Spirito a guidarle.

Null’altro che questo, ma un anno fa si andava ricchi di ripartenze brusche.

Ricordi confusi, tubi, odore di disinfettante, vicino che gemeva e delirava, sguardo confuso, lampi di coscienza, volti che emergono dalla nebbia, piano piano, uno per volta, dita che si muovono stanche, si muove tutto, coscienza e sollievo di un momento. Stanchezza atavica, occhi che si richiudono, infermieri che urlano “Umberto!” parlando al vicino. Infermiere che compaiono e scompaiono leggiadre ed angeliche. Risprofondo nel sonno. Dolore diffuso, fasciatura in testa. Oscurità e nel silenzio crepuscolo di una notte in reparto di terapia intensiva si consuma una presa di coscienza subitanea. Sono vivo… ancora… o meglio, per la prima volta, in quanto ora ne ho coscienza piena. Ora ho capito tutto, ho capito la filosofia classica e meglio ancora quella cristiana dei padri. Ora so coda vuol dire vivere all’ombra della morte, non perché le sia scappato, ma perché ora ho coscienza che è lì dietro l’angolo, pronta a terminare tutto, ma nel contempo a speziare ogni secondo di vita con la consapevolezza di esserci, la gioia di sapere che è un momento vissuto e di averlo condiviso con qualcuno.

Ecco, un anno fa il mondo si dischiudeva dinanzi a me, e tutto mi è apparso nitido davanti, e da allora mi sembra di vedere il mondo filtrato da una lente che elimina orpelli e superficialità lasciando solo il cuore delle cose, scoperto, inerme e vulnerabile e al contempo sfuggente all’osservatore casuale. Momenti che non saprei descrivere altro che come essenziali, nell’accezione privativa, sinonimo di semplice.

Leave out all the rest, Lynkin Park

I dreamed I was missing
You were so scared
But no one would listen
Cause no one else cared

After my dreaming
I woke with this fear
What am I leaving
When I’m done here

So if you’re asking me
I want you to know

[Chorus]
When my time comes
Forget the wrong that I’ve done
Help me leave behind some
Reasons to be missed

And don’t resent me
And when you’re feeling empty
Keep me in your memory

Leave out all the rest
Leave out all the rest
[End Chorus]

Don’t be afraid
I’ve taking my beating
I’ve shared what I’ve been

I’m strong on the surface
Not all the way through
I’ve never been perfect
But neither have you

So if you’re asking me
I want you to know

[Chorus]
When my time comes
Forget the wrong that ive done
Help me leave behind some
Reasons to be missed

Don’t resent me
And when you’re feeling empty
Keep me in your memory

Leave out all the rest
Leave out all the rest
[End Chorus]

Forgetting
All the hurt inside
You’ve learned to hide so well

Pretending
Someone else can come and save me from myself
I can’t be who you are

[Chorus]
When my time comes
Forget the wrong that ive done
Help me leave behind some
Reasons to be missed

Don’t resent me
And when you’re feeling empty
Keep me in your memory

Leave out all the rest
Leave out all the rest

Forgetting
All the hurt inside
You’ve learned to hide so well

Pretending
Someone else can come and save me from myself
I can’t be who you are
I can’t be who you are

Passeggio per la città

Ci vuole poco a cominciare una meditazione su quello che vivo quotidianamente e la facile revisione post giornata effettuata quotidianamente porta soddisfazioni di presa di coscienza che prima mancava.
Mi son reso conto che lo scontato non esiste più, semmai c’è il costante monitoraggio di azioni, parole, eventi, fatti, comportamenti e decisioni in un tentativo di progressiva comprensione del mondo e delle sue dinamiche, dei rapporti umani che vivo, delle attese personali e non e di come cercare di evitare tracolli o rotte di collisione.
Mi suona che son tornato ad essere contorto, facendo giri di parole terribili e magari anche ingarbugliati, ma l’obiettivo è semplicemente quello di riportare che sono diventato più riflessivo ed ogni cosa che succede viene affrontata non più sulla scia dell’emotività (come prima accadeva) ma con un pensa che ti ripensa che sviscera ogni aspetto della questione e il tutto senza arrivare all’impazza 🙂
Non so se questo porta ad una maggiore capacità di reazione, sicuramente mi ha reso più cosciente di quello che mi accade e di come le mie reazioni condizionano l’andamento delle risposte. Inoltre mi sembra che il mio spettro visivo abbia avuto una correzione di luminosità e contrasto, cosa che mi fa vedere il mondo come attraverso uno schermo HDR, con i colori altamente saturati e fortemente contrastati. Non saprei spiegarlo meglio di così, ma mi sembra di vedere tutto enhanced e coi contorni nitidi, scolpiti, esaltati. Per tirare le somme: vivi intensamente ogni momento e non te ne pentirai.
La vita è troppo corta per pensare ad altro oltre che viverla 😀

Battle Station, la mia playlist rilassante

C’è stato un tempo in cui ho osservato il destino del guerriero solitario contro montanti nugoli di avversari, incominciando da Orlando a Roncisvalle, El CID, e ogni altro combattente che ha affrontato il destino guardandolo negli occhi e fino alle estreme conseguenze, senza mai lasciare la sua spada.
Erano tempi in cui il mio cuore si vestiva di acciaio, anni di crescita, liceo – maturità e dintorni.
Lì ho cominciato a creare la playlist che oggi ripropongo (aggiornata) e che serve a creare la carica.
L’ho chiamata Battle Station, in assenza di un nome migliore:

Fighting the World – Man’o’war
This is War – 30 Seconds to Mars
Battle Cry – Saxons
Eternal Champion – Domine
Fortuna Imperatrix Mundi: O Fortuna – Carl Orlff
Night of the Hunter – 30 Seconds to Mars
A World without Heroes – Kiss
Crawling – Lynkin Park
Hands held High – Lynkin Park
The Chronicles of the Black Sword – Domine
Hail and Kill – Man’o’war
I’ll fight Hell to hold you – KISS
Herz Aus Stahl – Man’o’War
Never Surrender – Saxons
Who wants to live Forever – Queen
Breaking the Habit – Lynkin Park
Easier to Run – Lynkin Park
Bleed it Out – Lynkin Park
The Power of Thy Sword – Man’o’War
Kingdome Come – Man’o’War
Seek and Destroy – Metallica
Fight Fire with Fire – Metallica
For Whom the Bell Tolls – Metallica
Closer to the Edge – 30Seconds to Mars
Crusader – Saxons
Hurricane – 30 Seconds to Mars

E adesso mi preparo 🙂 All hands to Battle Station 😀

Closer to the Edge

Closer to the edge

I don’t remember the moment I tried to forget
I lost myself yes is it better not said
Now I’m closer to the edge
It was a thousand to one and a million to two
Time to go down in flames and I’m taking you
Closer to the edge
No I’m not saying I’m sorry
One day, maybe we’ll meet again
No I’m not saying I’m sorry
One day, maybe we’ll meet again
No, no, no, no
Can you imagine a time when the truth ran free
the birth of a sun, the death of a dream
Closer to the edge
This never ending story, paid for with pride and fate
We all fall short of glory, lost in fate
No I’m not saying I’m sorry
One day, maybe we’ll meet again
No I’m not saying I’m sorry
One day, maybe we’ll meet again
No, no, no, no
No, no, no, no
I will never forget
No, no
I will never regret
No, no
I will live my life
No, no, no, no
I will never forget
No, no
I will never regret
No, no
I will live my life
No I’m not saying I’m sorry
One day, maybe we’ll meet again
No, no
No, I’m not saying I’m sorry
One day, maybe we’ll meet again
No, no, no, no
Closer to the edge
Closer to the edge
No, no, no, no
Closer to the edge
Closer to the edge
No, no, no, no
Closer to the edge

Vincenzo Federico

IT Professional, Italy

viaVincenzo Federico.

Basse considerazioni da viaggio in autobus

Dopo centomila anni mi sono spostato vicino al guidatore del bus, cosa che non facevo dai tempi del liceo, e forse proprio il raduno in via di organizzazione dei venti anni del diploma ha rinverdito il ricordo di quel modo di viaggiare.Certo l’autobus preso a Roma non è esattamente lo stesso e per persone e per modello, il 15 difatti, facendo una linea extra urbana e per giunta un po’ dimessa, di solito era un poco vecchiotto come modello, arrivando ad avere gli autobus nuovi solo dopo parecchio tempo e quando tutte le altre linee tarantine eran state rinnovate. Però quei kilometri di strada fatti affianco all’autista, col sole che sorgeva all’orizzonte, il mare a contorno e le ciminiere dell’ILVA e tutte le sue luci che ancora brillavano nella mattina che tardava a schiarire, sono il ricordo dello spostamento verso scuola, delle poste davanti alle scuole delle ragazze che mi piacevano e delle interminabili passeggiate sul lungomare coi Testimoni di Geova pronti a cercare una conversione che puntualmente non arrivava e che anzi contrabbatteva punto su punto ed alla fine erano costretti alla ritirata.Ecco, vedere l’asfalto che correva subito sotto l’autobus ha riportato alla memoria quei momenti radiosi di gioventù, aiutato peraltro dal Reset Settembrino che ha restituito alla memoria la necessaria chiarezza e pulizia che in passato mancava.Ma i viaggi in autobus ormai non sono solo amarcorde, ma punto di osservazione privilegiata sulla nostra società, su come evolve, su come alcuni punti forti ancora reggono, e su come invece il tessuto sociale e le regole di convivenza si stiano sfibrando, lacerate dal costante lavorio personalistico ed individuale che il sentire comune va propugnando con ogni mezzo.E si, perché io sono diventato un poco puntiglioso sulle cose ed abbinando a questo fatto il mio superego ipersviluppato sono diventato un puntiglioso pericoloso, in quanto disposto a segnalare le storture, cosa che in passato non avrei mai fatto.Esempi concreti aiutano a capire di cosa parliamo.Parco del Pineto: giovinastri giocano a palla. Vengono avvisati che non si può, nel parco infatti il gioco libero della palla è vietato, causa passeggio anziani e bambini in carrozzino. Al secondo giro, nuovo avvertimento, ma questa volta condito con minaccia che al terzo scatta la chiamata ai vigili urbani.I giovani hanno recuperato la palla e sospeso ogni ulteriore gioco. Ecco, una volta una cosa del genere l’avrei lasciata agli altri da smazzarsi.Oggi invece me ne faccio latore in prima persona. Secondo esempio, con commento finale.L’altro dì invece un vecio voleva parcheggiare alla fermata dell’autobus, con addirittura l’autobus che stava arrivando per caricare gli utenti. Gli ho segnalato che non si poteva, causa fermata autobus. Per tre volte gli ho detto che non si poteva parcheggiare là. Poi ho preso l’autobus e ho visto che il vecio che sembrava aver desistito come l’autobus ha sgombrato la fermata si è parcheggiato davanti alla stessa.Ecco, insomma il vecio si è dimostrato uomo capace di qualunque bassezza. Persone così ti colpiscono appena volti le spalle. Che senso civico ci possiamo attendere da loro? Ecco quindi che il fallimento ha lambito la mia porta e l’abuso mi ha reso elettrico per un po’ (potenza del cortisone). Ma vorrei dire al vecio che la logica dello scalpellino medioevale che lavora bene e con la massima attenzione e dedizione non gli pertiene. Ed è un gran peccato. Che vita trista quella passata a cercare le scorciatoie e i sotterfugi per arrivare all’utile immediato. Triste ed anche mediocre direi.:(Ma mi sono perso ancora una volta per strada ed il post che voleva essere totalmente altro è diventato questo qua… vabbé accontentiamoci.

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