TTXGP, ovvero come il racing diventa green

Moto elettriche durante una corsa del TTXGP

Moto elettriche durante una corsa del TTXGP

Il mondo sta cambiando. L’attenzione all’ambiente assume forme sempre più evidenti e si estende anche a settori che fino a ieri sembravano essere esenti da attenzioni in questo senso.

Un esempio vistoso ne è il TTXGP, branca specialistica dedicata alle moto del più generico e-grand prix, la cui peculiarità è quella di provare a metter su un campionato professionista di moto assolutamente e inderogabilmente elettriche, per dare una svolta in chiave ambientalista al mondo dei motori e inviare un segnale forte anche alle case di produzione tradizionali per incentivare la ricerca e lo sviluppo di modelli ecocompatibili ed ad impatto zero.

Da seguire, quindi, questa nuova disciplina che secondo wired.com arriverà anche in Italia, con ben tre circuiti di corse, e dietro cui si muove la carismatica e mai doma figura di Azhar Hussain, ideatore e instancabile propugnatore del circuito dei Grand Prix in chiave “eco”.

Sembra che ci sia già pronta una casa di moto italiana che parteciperà alle corse  con un proprio team: la CRP Racing ha difatti annunciato (qui), anche sul suo sito internet, la partecipazione alle gare del TTXGP con un proprio racing team e con moto di propria costruzione.

La stessa Federazione Italiana Motociclistica, nella figura del suo presidente Paolo Sesti, ha annunciato le date delle gare del TTXGP disponibili per l’Italia, dimostrando che anche le Federazioni non restano indifferenti dinanzi all’iniziativa.

Non resta che augurarsi che qualche grande campione del MotoGP decida di fare un salto verde e si dedichi a queste gare, anche solo in forma promozionale.

Introdurre infatti un campionato motociclistico/automobilistico (di cui mi occuperò in seconda battuta) con coscienza ambientale è un deciso passo avanti verso una maggiore sensibilizzazione del grande pubblico alle tematiche ambientali, uno stimolo forte per le case produttrici per mettere in campo modelli di moto e di macchine a impatto zero che siano sempre più evoluti e competitivi, al fine di potenziare l’offerta sul mercato di mezzi a zero emissioni e abbattere così drasticamente quelle fabbriche di CO che sono gli attuali motori a scoppio, pur se evoluti e meno inquinanti come quelli attuali.

Piaggio MP3 Hybrid

Sempre sulla scia dei report di mezzi innovativi e rispettosi dell’ambiente, scopro su Nova 24 (il settimanale dedicato alle nuove tecnologie ed all’innovazione, in edicola il giovedì ed online sul sito del sole 24 ore).

L’articolo ha stimolato la mia fantasia verde e spinto a cercare sul web maggiori informazioni. La Piaggio, che produce e detiene il brevetto dell’avantreno doppio dell’MP3, non ha perso tempo e pubblicato un bel report su questo mezzo che sfrutta ottimamente il doppio motore.

Ecco qui il sito dedicato. Buona lettura

Copenhagen Wheel Project

La bicicletta ideata dal MIT con tecnologia presa dalla Formula uno

Ha fatto il giro dei siti internet in questi giorni di attenzione “ambientale” e mi ha subito conquistato: da quando ho letto l’articolo sul Corriere della Sera (versione cartacea 8-O) dedicato all’argomento non ho smesso un secondo di pensare a lei, alle sue forme affusolate, ai suoi colori così 2.0, alla sua proiezione interattiva nel tessuto nervoso della città che con la sua capacità di accumulare energia e restituirla quando serve si prepara a dominare.

La Copenhagen Wheel Project nasce e si sviluppa grazie ad un’intuizione di un giovane ingegnere italiano in prestito al MIT, Carlo Ratti, un giovane e brillante architetto che ha visioni e idee su come impostare la sostenibilità urbana nel mondo che verrà. Iscritto all’ADIT, appassionato di Formula 1, osservando i KERS, ovvero i sistemi che consentono alle monoposto di recuperare l’energia durante le frenate, ha pensato e realizzato, assieme alla sua squadra MIT, di realizzare una ruota rivoluzionaria.

Tutto si realizza intorno al mozzo della ruota, si può adattare teoricamente a tutte le biciclette (al momento la voce è verificata dal fatto che la ruota è stata montata su telaio Cinelli), può essere adattata alle tipologie di strade da affrontare (adattando il numero di batterie incluse) e ai desiderata di interattività dell’utente (con aggiunta di sensori ad hoc).

Insomma un vero concentrato di tecnologia che potrebbe scalfire anche il cuore dei nudi e puri amanti del motore, per introdurre in città un mezzo capace di sfidare la mobilità urbana e portare a casa il risultato.

Mi permetto però di rilevare che in Italia il progetto necessiterebbe di qualche norma di sostegno. E’ difatti troppo poco a misura di bici la città italiana, con poche piste ciclabili, norme antiquate, predominanza del mezzo a motore, pericolo di furto e automobilisti indisciplinati nei confronti dei mezzi a due ruote a propulsione umana/elettrica.

Ma non potevamo pensare che la sfida per un mondo migliore potesse fermarsi alla sola tecnologia. Fatti i mezzi, occorre creare anche gli uomini del domani, capaci di comprendere le problematiche, informati, interessati al problema ambiente e stimolati a scegliere mezzi di trasporto alternativi ai motori a scoppio.

Chi vivrà, vedrà. Per ora la Copenhagen Wheel ha solleticato i miei neuroni, le mie papille gustative e innalzato la mia salivazione. Signor Arcuati… la voglio!